La storia del comune inizia all’alba dell’umanità, infatti 5 ritrovamenti di epoca preistorica (tre a Clanezzo e due sul resto del territorio comunale) ci indicano che l’uomo sapiens visse nel nostro paese - in epoche diverse, dal neolitico all’età del bronzo, formava comunità abbastanza numerose dedite alla caccia e sapeva già utilizzare le materie prime. Sono stati rinvenuti resti di utensili in selce, lamette, foliatoi e frecce e nel sito archeologico più grande che è quello di Clanezzo, località “Piane”, anche fondi di capanna. Inoltre nelle grotte di Costa Cavallina si sono trovati i più antichi reperti umani d'epoca preistorica (ca. 12.000 anni fa).

Dopo un lunghissimo periodo oscuro di cui non possiamo fare altro che supposizioni, altri resti ci portano al periodo romano, infatti, risalgono a quell’epoca i reperti rinvenuti lungo le rive del Brembo.

In seguito il nostro territorio vive all’ombra di Almenno che, in quegli anni, è il centro politico – religioso più importante della zona. Risale a quegli anni, il bellissimo ponte sull’ Imagna presso l'edificio cinquecentesco del maglio che ancora oggi si può ammirare giungendo a Clanezzo. Qui passava la strada che, dalla corte di Almenno e sul versante opposto a quello che sarà poi aperto dalla Priula, costeggiava il Brembo e superava il torrente Brembilla per immettersi nella piana di Zogno.

Gli storici ritengono che sia stato fatto costruire dal conte Attone Leuco ultimo conte di Almenno (+ 975), che si ritiene pure l’ideatore del castello sulla cima del Monte Unione di cui oggi rimangono solo esigue tracce.

I primi documenti cartacei che ci parlano del paese risalgono al XII sec. In essi sono indicate delle località del nostro territorio e i nomi di alcune famiglie che vi abitavano. Per esempio si legge Clanezo de Lemene, Monte Obiono, Bondum, Ubiallo, e le famiglie dei Carminati, dei Dalmasoni, dei Bonoreni, etc.

Delle famiglie che vengono nominate in questi documenti meritano un particolare cenno le famiglie Dalmasoni e Carminati.

I primi vivevano a Clanezzo, e spostatisi poi a Ponte S. Pietro ebbero tra i loro discendenti un frate francescano, Padre Bartolomeo Dalmasone, che morì martire nel 1611 a Praga.

Intorno a questa famiglia e alle gesta dei loro discendenti, sorsero alcune leggende ambientate nel periodo delle lotte tra guelfi e ghibellini.

La famiglia Carminati era, come afferma Andrea Cato un notaio di Romano <<...la più honorata et più temuta famiglia di tutta la valle di Brembilla >>.  Da essa uscirono uomini potenti e famosi, tra i quali secondo alcuni storici anche un papa, Papa Giovanni XVIII o XIX Fasano salito al soglio pontificio nel 1003.
 
Il Cato nel XV sec. scriveva :<< tra le valli, quali sono sopra di Bergomo, antichissima città di Lombardia, vi si communera ancora una valle chiamata per nome la Valle di Brembilla, la quale innanzi che dalla Illustrissima Signoria di Venetia fusse stata distrutta et desolata, facea più di mille fuoghi (famiglie), quali avevano le abitazioni in otto contrade così nominate: Contrada di Ubialo, Contrada di Mortesina, Contrada de l'Opolo, Contrada de Clunetio, Contrada de Bondello, Contrada de la Supracornola, Contrata de l'Asolo et Contrada di S. Giovanni >>.
 
Durante le sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini, i Brembillesi (gli abitanti della zona sopra menzionata) di parte ghibellina si scontrano molte volte con gli abitanti della Valle Imagna di fede guelfa e le cronache di quel tempo sono ricche di episodi che ricordano le cruenti gesta dei ghibellini Brembillesi.

Gli storici raccontano che le contrade della Vallis Brembilla erano così unite e concordi che formavano un solo corpo e una sola repubblica ed erano così sicure e protette perché oltre ai castelli di Ubione, Clanezzo e Casa Emminente, pareva che la stessa natura ne avesse disegnato le difese.
 
Quando il territorio passo sotto il dominio della Repubblica di Venezia, la “ Brembilla” mantenne gli stessi confini e i suoi uomini lo stesso carattere bellicoso, tanto che i rettori della città di Bergamo dovettero richiamarli all’ordine molte volte.

I richiami, però, non ottennero l’effetto sperato e fu così che i veneziani decretarono la tragica distruzione della Brembilla che avvenne nel 1443. Distrutti i castelli, rase al suolo le case ed esiliato tutti i suoi abitanti (si sparsero nel milanese e da essi trae origine il cognome Brembilla o Brambilla), il governo veneziano stabilì che più nessuno vi avrebbe dovuto abitare per almeno cento anni.
 
Il territorio di Clanezzo dopo la cacciata passò in diverse mani dall’Istituto di Pietà Bartolomeo Colleoni ai Buscoloni, dai Tironi ai Furietti per finire poi nelle mani dei Conti Martinengo da Barco, bresciani. Da questi fu venduto ai Beltrami, una stimata famiglia bergamasca, che ridiede prestigio al castello e per ricordarne la storia passata, adornarono il giardino di vere o supposte antiche rovine. La proprietà passò poi ai conti Roncalli di Bergamo che ne mantennero il possesso fino alla prima metà del secolo scorso.
 
La passerella che attraversa il fiume Brembo, recentemente restaurata, venne fatta costruire da Vincenzo Beltrami nel 1878, dopo che una piena aveva distrutto l’antico traghetto. Dal 1913 è di proprietà dell’Amministrazione Comunale.

Clanezzo centro minore del comune, posto sulla confluenza tra l’Imagna e il Brembo, è il luogo che conserva più resti del passato. L’edificio del castello è il risultato di numerose trasformazioni che lo hanno portato da maniero di difesa ad un più piacevole e signorile palazzo. Oggi è di proprietà della famiglia Rota che vi ha creato un albergo ristorante.

Nei pressi, oltre al ponte medievale già ricordato, merita un particolare cenno l’edificio del maglio che sorge sul torrente Imagna ai piedi del castello. Questa costruzione di antichissima origine, forgiò le armi della Serenissima repubblica di Venezia e fino a qualche anno fa, molti attrezzi più umili e soprattutto meno cruenti. L’edificio, sebbene abbandonato e in precarie condizioni, conserva ancora oggi un fascino e un aspetto tutto particolare.

Il monte Ubione che sovrasta il paese, conserva sulla sommità i ruderi dell’antico castello che ivi sorgeva. Al suo posto svetta oggi una grande croce che è stata realizzata dal Gruppo Amici Monte Ubione e dagli Alpini, insieme ad un piccolo rifugio nel 1972.

Oriundo ubialese è il Cardinale Girolamo Maria Gotti (1834 – 1916) nato a Genova da papà “Caravana” che fu Padre Generale dei Carmelitani Scalzi e poi Prefetto della importante Congregazione Propaganda Fide.

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